La Pedagogia dei Genitori.


"...Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo." Mahatma Gandhi

Quando in una famiglia è presente un bambino portatore di disabilità, i genitori devono coordinare la loro routine e vita familiare, convivendo con la presenza di altre figure, che operano cercando di perseguire il benessere del loro bambino.
Questa convivenza non è sempre semplice, talvolta i genitori si sentono relegati al margine, come non fossero proprio loro in prima persona a conoscere il figlio in una quotidianità colorata da mille sfumature, nel corso della quale il loro bambino mostra tutte le sue difficoltà, ma  nella quale è prima di tutto bambino e figlio.
Proprio dalla consapevolezza che il genitore foriero della propria "genitorialità" è una grande risorsa per il proprio pargolo, nasce e prende forma la Pedagogia dei Genitori.
J.S.Bruner,  uno dei più grandi psicopedagogisti del nostro tempo,  supera il modello di Skinner secondo il quale ad ogni stimolo corrisponde una risposta, perfeziona il modello di Piaget, che tra lo stimolo e la risposta introduce il soggetto con le sue peculiarità ed esperienze. E' proprio Bruner che sostiene l'importanza dell'adulto come mediatore e quale filtro migliore potrebbe esserci tra il bimbo ed il mondo se non il genitore?
Maturata questa consapevolezza, la genitorialità acquista una nova luce, non è più semplice cura del figlio, ma la famiglia del bambino con disabilità diventa risorsa anche per la comunità, perchè può condividere e narrare le proprie esperienze.
L'atto narrativo sposta il centro dell'attenzione su un novo tema: l'ascolto. Genitori che diventano formatori di educatori, personale docente o  sanitario, che deve saper ascoltare. Non un semplice udire, non sentire e poi dimenticare, ma ascoltare: cioè porgere attenzione a quanto viene detto, per comprendere, per saper vedere il bambino in una luce diversa. Non solo il soggetto portatore della disabilità, ma la persona.
Le narrazioni dei genitori sono racconti di vita di chi ogni giorno, in un continuum esistenziale, sente la  responsabilità del benessere del bambino, parole di chi percepisce il proprio figlio come "l'unico al mondo", parole che contengono la speranza di chi guarda verso il futuro con timore, ma anche con l'aspettativa fiduciosa che il futuro consenta dei progressi, nuove acquisizioni. Sono racconti che contengono la quotidianità, fatta di sorrisi, di carezze, di presenza.
In questo gioco di ruoli, in cui i terapisti diventano momentaneamente alunni e i genitori docenti, c'è tutta l'importanza della condivisione e della cooperazione, che consente di lavorare con coscienza.

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